venerdì 1 gennaio 2010

Ludwig van Beethoven,
Sinfonia n.9 op.125 "Corale"

Beethoven ha la capacità di semplificarmi la vita. Quando ascolto la sua musica (che è veramente quasi tutta Musica, con rarissime eccezioni del tutto marginali) ogni pensiero e sentimento torna ad occupare il suo posto: le battaglie interiori, le ansie e i tormenti, che sono dialetticamente rappresentate nelle sue composizioni, trovano un senso e, pur non annullandosi, si compongono in un tessuto comprensibile. Beethoven trasforma il caos in cosmo senza addomesticarlo, senza nulla togliergli della sua intensa e terribile grandiosità.

Pestelli dice della Nona che "anche chi non l'ha mai ascoltata a grandezza naturale sa che esiste." Tagliuzzata al cinema o in pubblicità, usata come inno dell'Unione Europea non riesce perdere la sua incredibile Bellezza e ti colpisce come uno schiaffo ogni volta che l'ascolti. Ricordo l'esaltazione del primo ascolto dal vivo, Santa Cecilia all'Auditorio Pio, 1994? 1995?, una poltrona quasi in prima fila, fin troppo vicina, completamente investita dal volume sonoro grandioso e immenso dell'orchestra e del coro, forse Thielemann sul podio, non ricordo più.

Ascolto adesso un CD comprato alcuni anni fa, una rimasterizzazione dell'incisione di Toscanini del 1 aprile 1952 alla Carnegie Hall di New York. E' un'incisione asciutta e scabra, senza compiacimenti, quasi stridente in certi usi delle percussioni e dei fiati. Mi piace. Mi dice che la grandezza è anche ruvida e aspra, senza mezzi termini in quello che ha da dire.

Quando Beethoven compose questa Sinfonia era ormai del tutto sordo. Al punto che, più che realmente dirigerla, seguì la prima guardando i professori d'orchestra seduto sul palco accanto ad Ignaz Umlauf. Fu lui a far dolcemente voltare Beethoven per "vedere" l'applauso che lo acclamava. Questo gesto pietoso e di rispettoso affetto mi commuove ogni volta che lo penso e che lo vedo con gli occhi dell'immaginazione.

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