domenica 18 aprile 2010

Franz Liszt,
Consolations 214/51

Proseguiamo con un altro ascolto lisztiano. Non si tratta qui dei brani funambolici, da virtuoso quasi disumano cui Liszt ci ha abituato ma dei brani, meno frequenti nel suo catalogo (e proprio per questo forse da ascoltare con più attenzione!), che esplorano i sentimenti più intimi e nascosti dell'animo umano, quelli che più piaceranno ai futuri Debussy e Ravel.

Pestelli ha bellissime parole per Liszt, parole d'affetto e riconoscenza per questa figura di musicista e di uomo grande: "non lasciò nessuno senza aiuto, sostegno o incitamento (Wagner stesso riconobbe il debito)". Anche se gli amici musicisti da lui beneficati, Wagner appunto e Berlioz come pure Schumann, non furono altrettanto attenti estimatori della sua musica. Ed ebbero torto. Forse perchè, come dice anche Pestelli, egli più che un romantico fu "un decadente anzi tempo" e dunque gli altri romantici non lo capirono.

Ognuno dei suoi brani rivela una profonda conoscenza letteraria ed è intessuto di riferimenti a letture di classici e di contemporanei, con una puntualità e un'intelligenza rare. Comprese queste Consolations, che traggono origine dalle omonime poesie di Saint-Beuve, pubblicate nel 1830, circa 20 anni prima.

martedì 13 aprile 2010

Franz Liszt,
Sonata in si min. 214/50

Per il cinquantesimo capolavoro (sono in super-ritardo sulla tabella di marcia, ma confido in recuperi futuri) mi sono concessa un brano che conosco bene e che fa le scintille anche se lo ascolti distrattamente. La sonata in si minore di Liszt è uno dei capolavori del pianismo di tutti i tempi e ti prende alla gola mettendoti all'angolo senza scampo, specialmente se sei di umore sentimentale.

Nell'amarcord della mia memoria è legata ad un goffo ma geniale pianista, collega del primo anno di università; me la fece conoscere con una mitica audiocassetta (ma ve le ricordate le cassette doppiate nel registratore? che tempi...), passatami furtivamente durante una lezione di Storia della Musica. Sul mio registratore portatile - che effettivamente trasportavo in continuazione dalla mia camera alla cucina comune dell'appartamento che condividevo con altre due studentesse - quel nastro si deve essere letteralmente consumato rinnovando ogni volta il suo miracolo. L'incisione che sto ascoltando adesso è di Claudio Arrau (ho derogato dal Pollini consigliato da Pestelli, unicamente perchè la sua versione l'ho ascoltata dal vivo, in un mitico concerto alla Chigiana, tutto dedicato a sonate titaniche) e forse anche allora era quella. Chissà...

Chissà perchè ma in quel periodo mi identificai tanto in questa sonata: sarà stata l'età, la pensosità di certi momenti alternati alla tragica passionalità di altri, l'energia straripante arrestata a tratti in radure di tranquillità. Ad ogni modo penso sia difficile trovare qualcuno a cui non piaccia questa musica eccetto quel Hanslick citato da Pestelli, che aspettandosi una sonata alla Mozart o tutt'al più alla Beethoven, si era ritrovato in questo magma di note, inconscio puro prima che Freud ci mettesse le mani. Lo si può capire, l'effetto era destabilizzante. Fin troppo.

domenica 4 aprile 2010

Felix Mendelssohn Bartholdy,
Sinfonia Italiana n.4 op.90
214/49

L'immortale di oggi ha deciso di venire fuori dalla radio della macchina, mentre cercavamo di uscire da Roma iniziando un lungo viaggio verso il sud. Andando a passo d'uomo, l'Italiana era quello che ci voleva per tirare un po' su il morale e darci un'illusione di movimento. Ho scoperto che conosco questa sinfonia alla perfezione anche se non ricordo di averla ascoltata ripetutamente in una qualche stagione della vita come tanti altri brani e non so nemmeno se è contenuta nella discoteca di casa. Di fatto l'Italiana è un brano spesso trasmesso alla radio e eseguito nelle sale da concerto e contiene dei temi così cantabili e "facili" da rimanere impressi a lungo nella nostra memoria. Insomma, l'ho cantata dall'inizio alla fine.

L'incisione trasmessa era storica, l'orchestra della RAI di Torino diretta alla fine degli anni Settanta da un direttore che non conoscevo. Giusta nei tempi e nello spirito, godibile e assolutamente chiara nell'interpretazione. Riflettevo ascoltandola e cantandola su quanto complessa sia la scrittura orchestrale sinfonica rispetto alla musica scritta per il teatro d'opera, che ascolto così spesso per lavoro. Il gioco delle parti è simmetrico e ben delineato senza essere mai scontato; Mendelssohn riesce sempre ad infilare una modulazione, una sospensione, un colpo di timone che inattesamente vira verso altri lidi e i temi, in sostanza ripetuti mille e mille volte, restano sempre freschi e piacevolmente ricorrenti come onde marine.

Certo, cosa ci sia di "italiano" in questa sinfonia solo Mendelssohn lo sa. Pare che gli spunti di questo brano, poi rielaborati ovviamente, risalgano davvero ad un viaggio in Italia. Al di là di un vivace ritmo di salterello dell'ultimo movimento io non ci trovo molto. Ad ogni modo che questo capolavoro si chiami "italiana" non ci dispiace davvero...