lunedì 1 febbraio 2010

Maurice Ravel,
Le Tombeau de Couperin
(214/27)

Pare che gli abbozzi di questa suite risalgano al 1914, stesso anno di composizione del Trio, di cui si parlava qualche pagina fa. La Grande Guerra guidò e trasformò questo capolavoro, pubblicato poi nel novembre 1917, in un solenne ma assolutamente non retorico epitaffio, in ricordo di un grande compositore certo, Couperin, ma anche di uomini che erano stati compagni di Ravel al fronte. Se si ha la pazienza di leggere quei caratteri in piccolo al principio di ogni brano dello spartito, infatti, si scopriranno altrettanti nomi di giovani caduti che voglio ricordare qui: Jacques Charlot, Jean Cruppi, Gabriel Deluc, Pierre e Pascal Gaudin, Jean Dreyfus, Joseph de Marliave. Sono certa che ciacuno di loro ha dato il proprio volto e il proprio carattere al pezzo che accompagna, nella mente e nel cuore di Ravel. Tornare allora alla asciutta severità del barocco di Couperin ha significato anche eliminare tutte le reverie della belle epoque, distillando un linguaggio moderno che, secondo Pestelli, "non solo anticipò di qualche anno il fiorire del neoclassicismo musicale europeo, ma seppe instillare in questa corrente di gusto un poco intellettualistico qualcosa di severo e di scavato, di doloroso quasi."

Ascolto l'interpreazione di Françoise-Joël Thiollier del 1994, in un CD Naxos che è il secondo di un'opera completa pianistica di Ravel. L'eleganza e la leggerezza per eseguire questo repertorio, Thiollier ce l'ha tutta. Non sono molto d'accordo sul tempo scelto per il Preludio, davvero troppo veloce, ma il resto è cesellato quasi ovunque con sapienza, in particolare nell'accentuazione del ritmo sincopato di molti di questi brani, che sono novecenteschi in tutto e per tutto, sotto la patina classica.

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