Quanta musica prende il via dalla poesia. E non parlo ovviamente solo del melodramma, che anzi lì davvero la parola è serva della musica, come diceva qualcuno, ma di tanta musica strumentale o corale proprio come questa rapsodia. Certo anche ascoltarla senza comprendere le parole è qualcosa che impressiona il cuore e la mente. Ma ascoltarla dopo aver letto le parole di Goethe, che il contralto canta, è entrare in un mondo di incredibile emozione.
1777: Goethe compone Harzreise im Winter, dopo una serie di passeggiate invernali intorno al fiume Harz. La forza e la bellezza della natura colpiscono il poeta che è anche naturalista e guarda con occhio attento e partecipe ogni cosa del paesaggio. 1869: Brahms sceglie tre strofe del poemetto, la quinta, la sesta e la settima e le trasforma in una rapsodia. Le parole sono cantate da un contralto, la voce femminile più calda, come se fosse proprio la Natura a cantare. E le parole dicono questo più o meno:
Ma chi è che si nasconde laggiù? Il suo cammino vaga nel fitto del bosco e si è perso, piante ed erbe si richiudono al suo passaggio e la natura selvaggia lo inghiotte.
Ah, chi guarirà il suo dolore, il cui antidoto si cambiò in veleno, chi bevve il suo odio di uomo dalla pienezza dell'amore? Prima fu disprezzato e ora disprezza egli stesso e così facendo divora segretamente, egoista insaziabile, tutto ciò che di buono è in lui.
Ha una nota il tuo salterio, o Padre dell'Amore, che il suo orecchio possa sentire? Consola allora il suo cuore. Ridà la vista al suo sguardo annebbiato e permettigli di vedere tutta l'acqua che sgorga intorno a lui, dal deserto dove giace assetato.
Pestelli considera questa Rapsodia "forse la composizione di Brahms che più si addentra nella malinconia e nel malessere del vivere" pur riuscendo a comunicarci col suo "canto d'inflessibile bellezza" una risposta di pienezza. Vaghiamo col viandante impaurito nel fitto del bosco anche noi e la nota che ci salva è questa di Brahms, filo d'arianna per uscire dal caos.
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