domenica 10 gennaio 2010

Modest Musorgskij,
Quadri di un'esposizione

Ho ascoltato talmente tante volte per radio o in concerto questa musica, che ero assolutamente convinta di averla in casa. E invece no, cercando e ricercando non l'ho proprio trovata e così ho preso su I-Tunes la versione di Ivo Pogorelich, un'incisione Deutsche Grammophone del 1987, se non ho letto male.

Pestelli dice che questa è una di quelle musiche che si possono consigliare anche a chi non conosce la musica ma vorrebbe tanto "capirla", per rispondere alla domanda-tormentone che tutti i musicisti e musicologi si sentono fare in continuazione dai neofiti della musica classica (e sono legioni di volenterosi!) che presto poi depongono le armi, forse quando scoprono che non c'è una serie di brani da ascoltare coscienziosamente, uno dopo l'altro per ottenere la chiave di volta. Perchè apprendere la musica è una pratica lunga e mai prestabilita, che si svolge parallelamente alla nostra capacità di comprendere noi stessi e la vita che ci circonda.

Ad ogni modo, ricordo che anche io devo aver fatto inconsciamente la stessa osservazione di Pestelli se, alcuni anni fa, scelsi proprio questo brano da regalare ad una cara signora, esperta d'arte ma non di musica, che aveva avuto da poco un brutto lutto. Chissà se le avrà dato un qualche sollievo...

Un altro lutto si intreccia con questa composizione: i quadri descritti dalla musica di Musorgskij sono quelli del pittore e architetto Victor Alexandrovic Hartman, morto a 39 anni e carissimo amico del compositore. Nel 1874, un anno dopo la morte del pittore, venne allestita una mostra con le sue opere e Musorgskij decise di scrivere un'opera musicale che potesse ricordare l'impressione forte di quei quadri, che ritraevano per lo più scene di vita quotidiana russa. Ne venne fuori un brano assolutamente sperimentale nella forma - una serie di pezzi, i quadri, legati dalle ripetute Promenades, ossia gli spostamenti del visitatore da un quadro all'altro - e nel contenuto musicale, già nettamente novecentesco.

Se penso a quanto di straordinariamente moderno hanno regalato al Novecento gli artisti russi da Musorgskij a Strawinskij, da Shostakovich a Rachmaninov a Prokovev, per non parlare dei grandi interpreti come Horowitz, pur vivendo in un paese che era complessivamente ancora calato in un anacronistico medioevo fino al 1917 e poi sconvolto dalla grande rivoluzione, non posso fare a meno di stupirmi profondamente e di essere grata.

L'incisione che sto ascoltando dimostra una grande misura e una profonda e attenta comprensione del testo. Il modo di suonare di Pogorelich è quasi assorto, mai inutilmente arrogante (come in tanti accordi delle Promenades si è tentati di fare), governato da misura e essenzialità. Anche nei tempi: giustamente ampi - questo è un pezzo di bravura ma non ci interessano i funamboli della tastiera - ma non dispersivi. E' come se Pogorelich guardasse tutto dall'alto. E noi con lui.

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