martedì 19 gennaio 2010

Ludwig van Beethoven,
Sinfonia n.7 op.92

Wolfgang Amadeus Mozart,
Concerto per clarinetto e orch. K.622

Concerto anche stasera e due capolavori in un giorno, sto battendo tutti i record... Dunque, sul podio di Santa Cecilia il direttore prodigio Diego Matheuz, 25 anni, sorriso venezuelano e capigliatura nerissima e fluente. Volevo proprio andare a sentire con le mie orecchie se questo sistema musica che ha tirato fuori dalle favelas decine e decine di ragazzi sudamericani, produce davvero musicisti in gamba. E sono stata accontentata. Con un programma così classico (e la serata si concludeva con un altro Beethoven, il Leonore III) che è quasi una "prova del 9", non si scappa: o sai dirigere o non sai dirigere e devo dire che, dopo qualche incertezza iniziale (poca fluidità nel gesto, tempi un po' troppo ampi) dal Presto della Settima è stato tutto un fuoco di emozioni. Di certo i 25 anni di questo Maestro non sono quelli di un nostrano "bamboccione" ma il fatto che sia così giovane si sente piacevolmente: nel piglio, nel ritmo, nell'energia che infonde ai musicisti e alla sala, per altro gremita anche nei posti dietro l'orchestra. I corni si sono presi qualche libertà e qualche stonatura di troppo che Pappano non gli avrebbe lasciato passare; ad ogni modo, il concerto è andato. E più che bene.

Veniamo ai pezzi. La Settima venne eseguita per la prima volta l'8 dicembre del 1804, in una serata di beneficenza che raccoglieva fondi per i feriti della battaglia di Hanau. Il generale austriaco Karl Philipp von Wrede aveva cercato di sbarrare la strada a Napoleone che, seppure in ritirata, era sempre un grande stratega; e infatti ebbe la meglio, lasciando cadaveri austriaci dappertutto. Il successo del concerto fu strepitoso e la musica, è proprio il caso di dirlo, una cannonata. Pestelli dice, con la sua solita eleganza: "il ritmo è tutto, sbriga le mansioni dell'umile servitore e folgora come un generale al posto di comando."

Il K.622 è filato liscio come un tappeto di velluto. Merito della scrittura di Mozart, intima ed elegante e merito di Alessandro Carbonare, eccellente prima parte dell'orchestra e assoluto virtuoso, che per l'occasione ha rispolverato il clarinetto di bassetto, strumento per cui questo concerto era stato scritto e che è ormai sparito dalla circolazione. Avevo già ascoltato alcuni anni fa lo stesso concerto eseguito da Carbonare, era forse il 2003 anno in cui è diventato solista dell'orchestra romana, e lo ricordavo con grandissimo piacere. Lo stesso provato stasera, riascoltandolo: perfetto e calibrato in ogni momento, mai una sbavatura, mai un eccesso, sembrava averlo scritto lui il concerto, talmente fluida e piena di senso era la sua interpretazione. Bellissimo il bis in solo che ci ha regalato: una reverie jazz, di grande raffinatezza. Questo è l'ultimo concerto scritto da Mozart, sarebbe morto pochi mesi dopo, e siamo nell'ottobre 1791. Pestelli scrive: "la bellezza di queste opere immortali ha qualcosa di misterioso e di indecifrabile proprio perchè elementare." Sì, è proprio una di quelle opere in cui Semplicità e Bellezza coincidono perfettamente.

Questa bella serata mi ha portato una sorpresa. Ho incontrato per caso all'entrata una signora che abita nel mio stesso palazzo e con cui non avevo mai avuto modo di scambiare più che poche parole di circostanza in dieci anni. Mi era sempre piaciuta molto però, coi suoi modi garbati, la chioma candida, la figura alta e magra, un po' curva per gli anni ma sempre elegante, come i suoi tailleur senza tempo e il suo sorriso radioso. Stasera siamo tornate a casa insieme e abbiamo avuto modo di parlare più a lungo; ho scoperto che dietro quel sorriso ci sono tante sofferenze, portate con dignità e ferma sopportazione. Sul portone mi ha detto: "Diamoci del tu." E così adesso siamo amiche.

Anche lei in fondo è un po' come i pezzi di questa sera: vecchie conoscenze che ci possono stupire, se solo ci fermiamo ad ascoltarle meglio...

Nessun commento:

Posta un commento