domenica 17 gennaio 2010

Igor Stravinskij,
Petruška

Possiamo solo ipotizzare l'emozione sconvolgente provata dai primi spettatori di Petruška nel 1911. Sebbene si fosse a Parigi, città assolutamente all'avanguardia, tutto quello che andava per la maggiore all'epoca era così diverso, così evenescente e impalpabile (pensiamo a Debussy e a Ravel) o languidamente sentimentale (pensiamo a certo Puccini) che non possiamo non essere d'accordo con Pestelli: "in un'Europa immersa in Wagner, Strauss e Debussy, l'urto con quella musica era stato frontale." Sì, una specie di incidente d'auto, nel quale l'Ottocento era morto e il Novecento si era rinforzato le ossa.

Per quanto spesso in cartellone nelle stagioni concertistiche come classico del Novecento, tutto sommato di abbastanza facile comprensione (l'ho ascoltato di recente a Santa Cecilia il 27 aprile scorso, direttore Ingo Metzmacher; e fu una serata che ricordo con particolare affetto perchè segnò la riconciliazione con una persona con cui avevo un conto in sospeso e che incontrai lì per caso: misteri della musica...) Petruška si trova poco frequentemente nelle stagioni di balletto. E' un peccato perchè temo se ne perda la sua dimensione più autentica; questa è una musica nata per dei movimenti, che vuole essere vestita di costumi, che vuole agire una storia patetica e commovente: il povero burattino, inconsapevole di aprire un'epoca, innamorato senza speranza della sua algida ballerina.

La brillante introduzione a questo balletto ascoltata all'inizio del 2009 in un corso di Franco Piperno alla Sapienza, mi ha dato l'avvio per una serie di riflessioni che ho sviluppato in una relazione di Dottorato: il burattino di Strawinskij è il capostipite di quegli automi o robot che cominciano a popolare l'immaginario collettivo degli artisti del Novecento, cambiando presto di segno la loro presenza. Il perdente Petruška diventerà presto, attraverso la lente esaltatrice del futurismo di Marinetti, il vincente Bululù in un romanzo di Bontempelli, Eva ultima (1923). Positivo e vincente al punto che la protagonista femminile se ne innamorerà, respingendo il complicato uomo in carne ed ossa che non riesce a comprendere.

In questa pigra domenica di gennaio, fredda al punto che starsene a letto è più che piacevole, ascolto dal mio I-Pod una rimasterizzazione della versione originale diretta dallo stesso Stravinskij, alla testa della Columbia Symphony Orchestra. E sono passati quasi 100 anni dalla fatidica prima allo Chatelet di Parigi...

P.S. Qui è possibile vedere un pezzetto del balletto: molto televisivo ma piacevole; sulla destra poi trovate le altre scene, sono 4 in tutto.

Nessun commento:

Posta un commento