giovedì 4 marzo 2010

Johannes Brahms,
Sinfonia n.2 op.73
214/43

Pestelli dice che questa Seconda di Brahms è "quasi un'antisinfonia" tanto manca la retorica epica con cui ci immaginiamo paludato ogni brano che vada sotto questo titolo. E proprio musica immortale ma senza retorica ho bisogno di ascoltare oggi, un giovedì in cui la primavera incipiente si annuncia sotto forma di temporale scrosciante ma tranquillo, tributo liquido al rinascere della natura. Un che di liquido lo ha anche questa Sinfonia, in cui i fiati sono così significativi e pieni di personalità. Riporta, sempre il nostro Pestelli, un aneddoto che si attaglia bene al mio umore di oggi: al maestro di cappella tedesco che gli chiedeva il perchè del "cupo scintillamento di tromboni e timpani nelle zone profonde della partitura" poco dopo l'inizio, Brahms ricordò che anche nei quadri più luminosi c'è sempre una macchia scura che li fa risaltare ancora di più e che questo rispecchiava anche il suo carattere, profondamente malinconico, come se un frullo di ali nere risuonasse spesso sopra la sua serafica serenità.

Ascolto la versione di Karajan con i Berliner, acquistata qualche tempo fa. Sulla copertina del CD un ritratto fotografico di Karajan, già anziano con le sue belle rughe espressive, la chioma bianca e le maniche di una maglia rossa vezzosamente girate intorno al collo della camicia bianca. Un grande vecchio, non c'è che dire. Penso ai grandi vecchi di oggi: Abbado, Pollini. Ogni loro concerto è un regalo da scartare con gioia.

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