martedì 9 febbraio 2010

Franz Schubert, Lieder (214/30)

Josquin Desprez, Chansons (214/29)

Robert Schumann, Humoreske (214/28)

L'ultima settimana l'ho trascorsa in viaggio nel nord Italia ma non per questo mi sono allontanata dagli immortali. Facendo scorta di alcuni capolavori sul mio fedele I-Pod, ho ascoltato soprattutto in treno, da una città all'altra, e inevitabilmente la musica ha preso il colore del paesaggio. Scrivo quindi tutte insieme le note degli ultimi tre ascolti.

Mercoledì pomeriggio di una giornata frenetica. Ho accelerato i ritmi di lavoro e compresso quello che avrei dovuto fare nella settimana, in due giorni e mezzo. Prendo la Freccia Rossa che in un baleno mi porterà da Roma a Milano. E mi godo tre ore di sospensione del tempo, tre ore per me, in cui mi riposerò lasciandomi cullare dal dondolio sfrecciante del treno e dalla voce elegante e pura di Elisabeth Schwarzkopf che canta 12 Lieder di Schubert. Pestelli ci mette del suo nel farmela vedere: altera e fascinosa nei suoi meravigliosi abiti da sera che "parevano ancora più splendidi accanto alla nera massa del pianoforte a coda." Chissà se Edwin Fisher, che la accompagna in questo CD EMI, era un po' innamorato di lei... An die Musik è così struggente che ti incatena al filo dell'ascolto: "cantava quelle note e quelle parole con una nobiltà e un fervore che stava tra la preghiera, l'inno e l'intima confessione: quel "grazie" alla musica, tutto il pubblico se lo ripeteva con lei e per lei." Amen.

Due giorni dopo prendo un altro treno al volo: destinazione Verona. Milano è tutta bianca dopo una notte e una mattinata di neve, gran parte della quale mi si è sciolta nelle scarpe (le mie fantastiche valigette Bric's hanno invece preservato asciuttissimo tutto il loro contenuto, meno male). Nel treno il riscaldamento è adeguato alla giornata, gli altri passeggeri sono tranquilli ed educati ed io posso godermi il mio immortale, incarnato oggi da quattro chansons di Josquin Desprez, ascoltate nell'edizione consigliata da Pestelli, dalle voci dell'Hilliard Ensemble. Ne ho scelte quattro - e mi sono pentita al primo ascolto di essere stata così parsimoniosa, sono splendide! - El grillo è buon cantore, Mille regretz, Petite camusette, Je me complains. Io la Milano di Josquin la vedo: una grande città della metà del Quattrocento, in ascesa, forte e prepotente ma desiderosa anche di essere raffinata quanto le più nobili rivali, Roma, Firenze, Ferrara. E allora che vengano i migliori pittori, poeti e musicisti a rallegrare e dare lustro alla dinastia degli Sforza, mentre Leonardo dipinge L'ultima cena e prepara scenografie incredibili per le feste del castello, inventa macchine da guerra contro i nemici e progetta miglioramenti per i Navigli. Pestelli dice che Josquin è "un maestro che per il primo ha conquistato alla musica un'importanza pari a quella della altre arti nella società del Rinascimento europeo." Come dargli torto?

Così scrive Robert a Clara, futura moglie: "Tutta la settimana sono stato al pianoforte e ho composto, riso e pianto allo stesso tempo; troverai l'impronta di tutto ciò nella mia grande Humoreske." Come non provare un brivido di fronte a questo stato di ebbrezza, sapendo che Schumann spegnerà i suoi giorni nella follia? Si è ancora nel 1838 e gli dei gli concederanno ancora tanti anni di lucidità per comporre capolavori ma anche questo è uno dei presagi di cui la sua vita è fitta. I brani vivaci e vari di Humoreske, dai ritmi inusuali per l'Ottocento romantico e dai repentini cambi di sentimento, hanno accompagnato il viaggio da Siena a Roma, in una giornata invernale e brumosa. Pestelli magnifica, e ne ha ben ragione!, questa interpretazione di Radu Lupu "con cambi di umore rapidi come nuvole temporalesche, unendo i frammenti che zampillano in un solo corso continuo, fra marce, trotti di cavalieri, confessioni e motti d'arguzia, arabeschi e romanze." Io ho ascoltato e riascoltato più e più volte questa mezz'ora scarsa di musica, fondendola con le colline e i campi della Toscana, con le città sugli speroni di tufo dell'Umbria, con le valli verdi di pascoli del Lazio, fino al delirio urbano di Roma.

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