lunedì 15 febbraio 2010

Domenico Scarlatti,
Sonate (214/34)

Dice bene Pestelli: "quando si dice Domenico Scarlatti più che a temi o a sonate precise si pensa a un concetto sonoro, a uno stile, a un clima generale in cui centinaia di sonate per clavicembalo si sovrappongono in una girandola luminosa." E stasera, dopo un lunedì di lavoro in biblioteca, ho proprio bisogno di questa musica "sferica", altra definizione pestelliana, risolta in se stessa che, senza banalizzare, propone una visione coerente del mondo, anzi dell'universo.

Non sono invece d'accordo sul fatto che il pianoforte utilizzato da Horowitz renda queste Sonate di più immediata comprensione. In realtà la bidimensionalità di questa musica è resa alla perfezione dall'algida sonorità percussiva del cembalo, laddove il suono del pianoforte è indissolubilmente legato nel nostro immaginario ai compositori romantici e a certe espressioni del sentimento. Però Horowitz, da gigante qual è come direbbe un mio carissimo amico, non indulge in alcuna svenevole romanticheria e il suo è il pianoforte più cembalistico che si possa immaginare.

Ma quante sono le sonate di Scarlatti? Una fonte da verificare ne conta 555 (numero un po' troppo simbolico per non dubitarne, non vi pare?), molte delle quali scritte per la corte di Madrid, dove visse a lungo come maestro di cappella. Ovviamente c'è molto mestiere in queste brevi sonate; tuttavia la felicità dell'invenzione melodica e spesso di quella armonica, ne rende molte dei piccoli capolavori. Che mi godo dal mio I-Pod, in attesa che si faccia l'ora di cena, cercando di purificare le fatiche di questa intensa giornata di lavoro.

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