giovedì 27 gennaio 2011

All'opera

Bolcom, A view from the bridge, ultima rappresentazione romana. Vado da sola portando due pre-giudizi contrastanti: quello di un'amica americana che adora quest'opera e quello di un collega critico che l'ha giudicata deboluccia.
A me è piaciuta. Devo dire che ho trascorso le oltre due ore nella poltroncina rossa del Costanzi senza chiedermi quando sarebbe finita e godendomi le scenografie e lo svolgersi del dramma, ambientato nella comunità italiana di Brooklyn, negli anni Cinquanta o giù di lì.
Forse della musica non ti rimane molto, se non quell'incombere degli ostinati al basso, quel mood cupo e angoscioso.
I pensieri correvano in libertà. Perchè quell'America degli anni Cinquanta, in cui immigrati italiani sfidavano la clandestinità per mandare a casa i soldi che avrebbero permesso alle famiglie di sopravvivere, è l'Italia di oggi. La vita che Bolcom ha messo in musica, raccontata da Miller, scorre sotto i nostri occhi, se solo sappiamo vederla spingendo lo sguardo poco oltre la superficie.

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